Nel panorama europeo, l’Italia ha il primato del maggior consumo di suolo. Secondo l’ultimo rapporto sul consumo di suolo elaborato dall’Ispra, tra il 2013 e il 2015 la cementificazione ha invaso 250 km2 di territorio, 35 ettari al giorno. E c’è anche da tenere conto che il dato Ispra è sottostimato rispetto alla realtà per un metodo di calcolo che non contempla alcuni importanti parametri.

Al di là di questa osservazione, abbiamo cementificato in media oltre il 10% del territorio nazionale rispetto ad una percentuale europea del 5%. Se poi si tiene conto delle caratteristiche morfologiche ed orografiche e si tolgono dal conteggio le aree interne e montane, in alcune regioni si raggiungono valori di cementificazione anche del 30%.

In questo quadro devastante, l’Italia non si è neppure adeguata agli indirizzi europei che avevano indicato la fine del consumo di suolo per il 2050. Tutte le leggi presentate in questa legislatura (2019/2020) nel Parlamento sono ferme e la discussione di una proposta di provvedimento di limitazione del consumo di suolo pur debole e contraddittoria, non è stata ancora calendarizzata.

Visti i livelli di cementificazione che abbiamo riassunto, occorre chiedere di anticipare al 2030 la fine del consumo di suolo, poiché attendere ancora 30 anni metterebbe a rischio la salute e la sicurezza degli abitanti. Va in tal senso ricordato che il territorio nazionale è costellato di aree di grave degrado ambientale. Sono soggetti a dissesto idrogeologico il 91% dei comuni italiani (dato del 2017, 88% nel 2015) ed oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in aree ad alta vulnerabilità.

​Per tali ragioni urge approvare al più presto la legge sul “Contenimento del Consumo di suolo” che blocchi il consumo di suolo entro il 2030. Ma questo è solo il primo tassello di un ragionamento più complessivo che è indispensabile avviare al più presto per una  riconversione ecologica e ambientale delle nostre città in modo da contrastare i cambiamenti climatici in atto.

Riteniamo in tal senso, di fondamentale importanza:

  • Obbligare gli strumenti della pianificazione urbanistica vigenti a predisporre Varianti speciali che prevedano l’obbligo del censimento delle aree e degli edifici dismessi e/o non utilizzati per destinarli al patrimonio disponibile per le nuove domande residenziali o lavorative pubbliche/private;
  • Lanciare un piano straordinario di investimenti destinati al recupero delle aree degradate e alla messa in sicurezza dei territori soggetti a dissesto. Nell’ambito del suddetto “piano straordinario” dovranno essere previsti sostanziali incentivi per dotare gli edifici esistenti alle norme vigenti sul contenimento dei consumi energetici;
  • Avviare un piano di riconversione ecologica delle maggiori aree urbane, dotandole di sistemi di trasporto pubblici non inquinanti e prevedendo piani di riforestazione urbana in grado di mitigare gli effetti del cambiamento climatico in atto;
  • Procedere alla perimetrazione delle aree rurali da destinare esclusivamente allo sviluppo della filiera produttiva alimentare in grado di sviluppare una sufficiente autonomia degli approvvigionamenti che oggi importiamo senza avere sicurezza della provenienza e quindi della loro qualità. Favorire lo sviluppo economico sostenibile del territorio, attraverso linee di finanziamento per tutte le iniziative mirate allo sviluppo agricolo sostenibile. Le suddette aree rurali andranno vincolate dal rischio di essere oggetto di “varianti urbanistiche”, evitando speculativi cambi di destinazione d’uso;

  • Inasprire il reato di “devastazione ambientale” allargando il suo effetto non solo relativamente al danno provocato alle persone ma anche all’integrità fisica dell’ambiente;
  • Stabilire obiettivi di riduzione del consumo di suolo sempre più stringenti di anno in anno in modo tale da garantire il raggiungimento dell’obiettivo “consumo di suolo zero al 2030”;
  • Promuovere e sostenere il recupero del patrimonio esistente e la rigenerazione urbana attraverso i necessari adeguamenti alle norme antisismiche vigenti e alle norme    sul contenimento energetico,  in modo da scoraggiare il nuovo edificato su suolo vergine e mirando tali processi all’inclusione sociale e la riconversione ecologica dell’esistente;
  • Programma di intervento con linee di finanziamento dedicate su tutti gli edifici esistenti per migliorare l’isolamento termico al fine di ridurre il consumo di energia per riscaldamento;
  • Evitare ulteriore cementificazione degli spazi urbani e industriali, recuperando e aumentando il livello di rinaturalizzazione nei centri urbani;
  • Incentivare il coinvolgimento delle realtà locali nei processi di pianificazione urbana e di riconversione ecologica delle città.

 

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