Di Domenico Gattuso

Si impongono ancora oggi strategie e politiche che puntano sulle grandi opere di ingegneria, per rispondere ad esigenze di mobilità. Tali opere fagocitano ingenti risorse finanziarie, provocano impatti notevoli sui territori attraversati, offrono benefici solo per frange di utenti privilegiati. Attraverso mirate campagne promozionali sui media, si dà l’idea che solo con tali opere sia possibile garantire progresso e sviluppo, mascherando la verità dei fatti.

A titolo di esempio si possono citare autostrade e ferrovie ad alta velocità (Fav) che raggiungono costi unitari impressionanti (50-60 milioni di euro/km), per non parlare di mega-opere come il ponte sullo Stretto (5 miliardi di euro a km, sulla carta). Spesso si tratta di infrastrutture impegnative che comportano anche grandi rischi, come ponti arditi e gallerie profonde che certamente impattano sul territorio: cambiano paesaggi, perforano falde acquifere, innescano fenomeni franosi, fanno emergere minerali pericolosi come banchi di amianto o di arsenico. Usualmente non generano occupazione rilevante; ormai molte fasi costruttive sono demandate a tecnologie avanzate e automatiche, e la scarsa manovalanza non di rado è costituita da personale poco qualificato e non stabilizzato.

A fare una ricognizione in ambito calabrese, oltre al ponte sullo Stretto, si rilevano opere in fase di realizzazione come il Terzo Megalotto ANAS nell’alto Jonio, dal valore di 1,4 miliardi di euro (33 milioni di euro a km, per 38 km di strada a scorrimento) o un segmento di strada a scorrimento veloce di 7,5 km della variante ionica alla SS 106 da Crotone verso Catanzaro per 445 milioni di euro (60 milioni a km); la variante in area interna si estenderà per 43 km al costo complessivo di 1,8 miliardi di euro (42 milioni a km di media). Per il progetto di Fav calabrese si stima un costo di oltre 23 miliardi di euro, fatta in larga parte di gallerie, ponti e viadotti entro l’Appennino calabro, ma in realtà si viaggerebbe a 160 km/h, ben al di sotto della soglia dei 250 km/h normativa per treni AV, e con solo 3 o 4 stazioni di accesso. In tutti i casi citati, i tempi di viaggio risparmiati dai cittadini sarebbero in definitiva di modesta entità; basti pensare anche ai tempi di accesso agli svincoli o alle stazioni per chi vive in periferia o aree distanti dalle nuove infrastrutture. Con troppa faciloneria si afferma che opere di tal genere producono forte sviluppo economico, molta occupazione, crescita sociale, aumenti significativi di PIL per le comunità locali. La realtà dimostra quasi sempre il contrario.

Ciò che impressiona è la visione miope delle classi dirigenti in questa fase storica; una visione liberista e affarista, scevra di attenzione all’equità sociale e territoriale, direi anche spendacciona e sprecona. Da tempo ormai si vanno affermando in molte regioni del mondo delle politiche di mobilità alternative improntate alla sostenibilità e al bene comune. Si stanno affermando nuovi paradigmi della mobilità che si fondano su una visione rovesciata delle priorità: in cima alla piramide dell’interesse collettivo si trovano i pedoni, le persone a mobilità ridotta, i ciclisti, i trasporti pubblici locali; l’autovettura privata perde la sua egemonia secolare e viene relegata in fondo, perché divora suolo, consuma energia, inquina, produce congestione e incidenti gravi, limita la qualità della vita soprattutto nelle città.

Le risorse finanziarie sono sempre scarse per loro natura, per cui prima di impegnarle in pochissime opere puntuali o lineari sarebbe bene fare una valutazione comparata di alternative di spesa. Se occorrono 50 milioni di euro per 1 km di autostrada o Fav, si potrebbe impegnare la stessa somma per comprare in alternativa 10 treni regionali ovvero 6 catamarani, 150 autobus, 1 traghetto. O ancora realizzare migliaia di km di percorsi pedonali, piste ciclabili, marciapiedi a norma, alberature e fasce verdi. A titolo indicativo, 1 km di pista ciclabile costa fra i 50 e i 200 milaeuro, 1 km di sentiero ben fatto costa sui 10-30 mila euro. Con i 50 milioni di euro relativi a 1 km di autostrada si potrebbero quindi realizzare 250-1000 km di piste ciclabili ovvero 2000-5000 km di sentieri. Per non parlare di investimenti in servizi e tecnologie atte a facilitare la mobilità ecologica (dalla segnaletica agli spazi di parcheggio, dalla micromobilità elettrica alla mobilità condivisa, dalle aree e dai percorsi pedonali alle zone a traffico limitato o alle Zone 30, dal piedibus all’escursionismo culturale nelle città).

Secondo una stima approssimativa, rinunciando al ponte di Messina e assumendo l’impegno finanziario dei 15 miliardi di euro per politiche di mobilità sostenibili come quelle citate, si potrebbe far fare un salto enorme di civiltà e vivibilità a tutto il territorio calabrese e siciliano, dalle città maggiori fino ai borghi più sperduti delle aree interne, contribuendo a generare centinaia di migliaia di posti di lavoro stabili.

Fonte: Volere la luna

https://volerelaluna.it/ambiente/2025/05/05/linganno-delle-grandi-opere/?fbclid=IwY2xjawKdEkdleHRuA2FlbQIxMQBicmlkETFwd3ZZTlVLazh1S05FZHZmAR6V4XUEV1_lcslBHX_q_qyiqL4e59GYMdpk7XcFPKrYucTqubEgjRE812V_-g_aem_DWCNOJLp-87f2JwtXE-TYg

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