Il modello di produzione agricolo nel mondo globalizzato si basa sempre di più
sull’utilizzo di prodotti di sintesi chimica volti ad aumentare a dismisura la redditività di
grandi monocolture.
Tali pratiche, oltre ad essere come è noto fortemente energivore e fortemente
inquinanti per il suolo e per le acque di falda, dei fiumi e dei mari, rendono sempre
meno vitali i terreni per riduzione progressiva di humus, in un processo
degenerativo che li porta ad essere sempre più dipendenti dalla chimica di sintesi.
Allo sfruttamento intensivo dei campi corrisponde quello della forza lavoro attraverso il
ricorso a condizioni di lavoro poco accettabili per gli operatori del settore.
Le monoculture per loro natura favoriscono poi una progressiva concentrazione di
grandi quantità di terre in poche mani.
Stesse considerazioni valgono per gli allevamenti zootecnici di tipo intensivo ed
estensivo. A fronte di una produzione di cibo di qualità sempre più bassa perché
soprattutto legata all’uso di mangimi a base di proteine animali, con accumuli di metalli
pesanti, antibiotici e prodotti neurotossici nelle carni, il sistema determina un consumo
smodato di acqua e suolo, una produzione importante di gas serra e non ultimo il
crudele sfruttamento degli animali “da reddito”.
Occorre considerare che in totale lo spreco alimentare domestico annuo in Italia ha un
valore calcolato di 13 miliardi di euro, che corrispondono all’1% del Pil.
Si ritiene non più procrastinabile una profonda riflessione e ripensamento del
paradigma dell’Umano in senso dialettico e antispecista, verso il superamento della
posizione di dominio e sfruttamento sul Non-Umano in un rinnovato ed equilibrato
rapporto uomo-natura (e in particolar modo la sua declinazione uomo-animale).
In tal senso, occorre altresì ripensare all’intero sistema di distribuzione delle aree
agricole che deve essere integrato con quelle delle riserve naturali e dei corridoi di
collegamento tra esse per contrastare la drammatica diminuzione di biodiversità in atto.
Per l’affermazione di un modello agricolo e alimentare sostenibile dal punto di vista ambientale
e sociale riteniamo necessario:
● Privilegiare produzioni agricole (vegetali) di piccola scala e comunque legate al territorio
specifico;
● Riconvertire totalmente gli allevamenti intensivi ed estensivi in aziende agricole (vegetali)
territoriali (con prodotti tipici del luogo nel rispetto degli ecosistemi locali);
● Vietare l’utilizzo di pesticidi e sostanze chimiche e prediligere sistemi organici e biologici,
non limitandosi a vietare l’utilizzo di sementi Ogm ma vietare altresì l’importazione e la
vendita in Italia di prodotti provenienti da colture Ogm;
● Estendere in maniera capillare le maglie del controllo sullo sfruttamento dei lavoratori
agricoli in modo da sradicare la pratica del caporalato;
● Eliminare lo sfruttamento della pesca e sua riconversione in altre attività di utilità sociale e
scientifica, eliminare gli allevamenti ittici e di terra e sottrarre il mercato della carne, del
pesce e loro derivati, alla Grande Distribuzione;
● Rendere accessibile il cibo biologico e di qualità attualmente proibitivo per le fasce di
popolazioni più vulnerabili. Creare sistemi di tracciabilità dei prodotti in etichetta affinché
sia possibile per i cittadini risalire alle informazioni relative al luogo di produzione, alle
sostanze utilizzate per la produzione, alla distribuzione del valore attraverso la filiera etc.
Tutelare la diversità genetica dei semi a livello locale promuovendo e foraggiando le
tecniche tradizionali di cura e rigenerazione delle sementi da parte degli agricoltori
● Sottrarre alla Grande Distribuzione il monopolio del mercato del cibo, rafforzando relazioni
di prossimità tra produttore e consumatore, ad esempio attraverso i Gruppi di Acquisto
Solidale e la messa a sistema delle reti esistenti di distribuzione sostenibile
● Modificare le produzioni agricole per ridurre drasticamente l’impronta idrica e andare verso
produzioni agricole carbon neutral incrementando il carbonio organico nei suoli.
● Svolgere una intensa opera di formazione nella scuola primaria e secondaria, che porti a
rieducare il gusto delle persone verso sapori meno intensi, più semplici e salutari.
Nell’ultimo secolo si è assistito alla diffusione di alimenti artificiali sempre più dolci, salati,
grassi e proteici a elevata dipendenza con una progressiva disaffezione verso i prodotti della
terra di tipo vegetale e integrale che rappresentano da sempre la nostra base alimentare
per il mantenimento di un buono stato di salute psicofisica.