Il solo decreto Sblocca Italia varato nel 2014 ha sbloccato 14 grandi opere per un valore stimato di quasi 29 miliardi di euro, sostenendo uno schema di investimenti pubblici che favorisce la costruzione di infrastrutture impattanti e dalla dubbia utilità a scapito di interventi diffusi di risanamento del dissesto idrogeologico dilagante nel paese.

Tale orientamento della spesa pubblica comporta una consistente diminuzione del welfare, cui si sommano, gli impatti ambientali, sociali prodotti dalle opere finanziate.

L’allarme che lanciamo è che in questa grave crisi economica generata dalla pandemia, si sta mettendo mano all’ennesimo programma di grandi opere che avevamo contribuito ad accantonare e che vengono invece riproposte ancora.

Immensi sprechi di denaro pubblico che non aprono ad una nuova fase di governo del territorio fondato sul riammagliamento dei tessuti esistenti e sul trasporto pubblico non inquinante.

Gran parte di quelle opere riguardano infatti tratti autostradali che si aggiungono a quelli già esistenti che ci vedono ai primi posti della graduatoria mondiale. La monocultura autostradale non lascia posto neppure per l’indispensabile opera di potenziamento della rete ferroviaria minore che rappresenterebbe la chiave per un nuovo governo del territorio.

 

 

Cambiare il modello infrastrutturale necessita di un profondo ripensamento, che non può prescindere dal:

 Completamento della rete ferroviaria nazionale minore in grado di collegare i sistemi urbani minori alla rete di alta velocità ferroviaria nazionale,

  • Avvio di un’opera di riequilibrio delle modalità di trasporto urbano privilegiando la realizzazione di vettori di trasporto non inquinanti;
  • Moratoria nazionale sulla realizzazione dell’infrastruttura 5G  in difesa della salute pubblica, della tutela del paesaggio e della conservazione degli ecosistemi. Adozione del principio di precauzione, fino a quando non saranno esclusi con certezza i rischi di tale tecnologia;
  • Ripensare le infrastrutture strategiche per il paese in un’ottica low carbon, come indicato tra gli altri dal Report della Global Commission on Economy and Climate presieduta da Nicholas Stern;
  • Rinunciare alla costruzione di infrastrutture energetiche legate all’utilizzo delle fonti fossili;
  • Rinunciare ai progetti infrastrutturali connessi alla difesa militare, a partire da quelli stranieri e legati a servitù militari, ripristinando la sovranità nazionale sul territorio;
  • Orientare gli investimenti pubblici per le mega opere impattanti in investimenti per il risanamento idrogeologico del territorio. Il dissesto interessa l’82% dei comuni italiani, circa 30.000 kmq di territorio da nord a sud del paese ed è costato in termini di danni causati da calamità naturali tra il 1944 e il 2011 più di 240 miliardi di euro di fondi pubblici, circa 3,5 miliardi di euro all’anno. (Fonte: Anci-Cresme);
  • Bonificare i tanti siti contaminati, in particolare quelli definiti come gravemente inquinati e a elevato rischio sanitario.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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