di Wu Ming


Oggi inizia la cosiddetta Fase 2. Tra potenziali recrudescenze del contagio, risposte surreali alle FAQ da parte del Governo, appelli a sostenere Conte in nome del “meno peggio” e chi più ne ha più ne metta, ciò che ci si prospetta è un futuro dai contorni molto foschi. Abbiamo pertanto deciso di pubblicare su questo sito l’articolo dei Wu Ming del 03-05 (potete trovare l’originale su Giap): un contributo alla costruzione dei necessari strumenti critici per i tempi che verranno.

Le Frequently Asked Questions – o meglio, le risposte alle Frequently Asked Questions – si scrivono quando si deve chiarire una questione o fornire una sintesi rapida e leggibile di un testo molto complesso, quale può essere un decreto. A volte, però, una questione è talmente male impostata, un testo talmente mal concepito e mal scritto da rendere un chiarimento impossibile. In casi del genere, il ricorso alle FAQ può solo alimentare arzigogolio e fare più confusione di prima.

Abbiamo letto le FAQ che dovrebbero chiarire i contenuti del Dpcm del 26 aprile. Provengono dal governo, ma sono prive di qualunque intestazione – ennesima prova di sciatteria. Sono pubblicate da tutti i giornali e siti di informazione. Contengono assurdità, contraddizioni eclatanti e vere e proprie schifezze. Qui ci limitiamo a isolare due questioni.

Tieni l’albero genealogico a portata di mano

Chi sono i «congiunti» e «affetti stabili» a cui potremo fare visita?

L’ambito cui può riferirsi la dizione “congiunti” può indirettamente ricavarsi, sistematicamente, dalle norme sulla parentela e affinità, nonché dalla giurisprudenza in tema di responsabilità civile. Alla luce di questi riferimenti, deve ritenersi che i “congiunti” cui fa riferimento il DPCM ricomprendano: i coniugi, i partner conviventi, i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i cugini del coniuge).

Ancora una volta si rivela una forma mentis reazionaria, familistica, fondata prevalentemente su “sangue”, consanguineità e “decoro” affettivo.

Sangue: abbiamo amiche e amici che conosciamo da quarant’anni, da trenta, da venti, ma non rientrano negli «affetti stabili», mentre potremmo andare a trovare un lontano cugino di secondo grado che abbiamo visto solo in fotografia. Spesso i parenti «di sesto grado» non sappiamo nemmeno chi siano, ma tutte queste persone hanno la precedenza su quelle a cui davvero vogliamo bene.

“Decoro” affettivo: hai l’amante, il “trombamico”, una relazione non stabile? Peggio per te, zozzon*! L’amante non puoi vederla nemmeno con la mascherina!

Interessante poi il fatto che, stando alla lettera di queste FAQ, si possa andare a far visita ai propri «partner conviventi». Se già si convive, che concessione sarebbe?

Attenzione, perché questa china è molto rischiosa. Citiamo da un bel monito apparso oggi:

Esiste la pandemia, ed esiste la sua gestione politica, non stanchiamoci di ripeterlo: se trascuriamo il modo in cui viene gestita, e questo si somma a tanti altri modi precedenti, lo facciamo solo a nostro rischio e pericolo. È nei momenti di panico e di psicosi collettiva, in cui la maggior parte delle persone è disposta a obbedire a qualunque legge, anche illegittima, pur di sperare di aver salva la pelle, che si riscrivono le norme sociali, o che si ridà nuova vita, in modi più o meno espliciti o violenti, a quelle che si percepivano minacciate. Appena acquisiti i “pieni poteri”, il dittatore di uno stato dietro l’angolo ha negato i diritti delle persone trans. Qui il nostro leader democratico ci sta dicendo che le relazioni che contano, e che non possono più sottostare alle restrizioni quarantenarie, sono quelle riconosciute e riconoscibili dallo stato, consanguinee, eterosessuali, o comunque sulla loro falsa riga. Buona fortuna.

Fase 2 runner

Camminare è o no «attività motoria»?

È consentito l’accesso ai parchi purché non ci si assembri, e sono consentite l’attività sportiva e la «semplice attività motoria».
Si specifica che «è obbligatorio rispettare la distanza interpersonale di almeno due metri, se si tratta di attività sportiva, e di un metro, se si tratta di semplice attività motoria».
Si dice altresì che «al fine di svolgere l’attività motoria o sportiva di cui sopra, è consentito anche spostarsi con mezzi pubblici o privati per raggiungere il luogo individuato per svolgere tali attività».
Non solo: è consentito «utilizzare la bicicletta per svolgere attività motoria all’aperto».

Chiunque concluderebbe che, dunque, si può passeggiare e farsi un giro in bici.

E invece no! Alla domanda «Si può uscire per fare una passeggiata?» si legge questa risposta:

Si può uscire dal proprio domicilio solo per andare al lavoro, per motivi di salute, per necessità (il decreto include in tale ipotesi quella di visita ai congiunti, vedi FAQ), o per svolgere attività sportiva o motoria all’aperto. Pertanto, le passeggiate sono ammesse solo se strettamente necessarie a realizzare uno spostamento giustificato da uno dei motivi appena indicati.

Quindi passeggiare o farsi in giro in bici non rientra già, di per sé, nella «semplice attività motoria»? A questo punto, è arduo capire cosa includa e cosa escluda tale espressione, nella mente di chi ha scritto il Dpcm e le relative FAQ. Nemmeno la circolare indirizzata ai prefetti fornisce lumi al riguardo.

Come ci ha scritto Luca Casarotti: «Il genere attività motoria dovrebbe comprendere la specie passeggiata: il più contiene il meno. Ma se il più non è pericoloso ed è ammesso, perché non lo è il meno?»

Italianes eunt domus!

Bisogna fare penitenza

Ancora una volta tocca farlo notare: questo è teatro della politica e spettacolo sociale. Simili “norme” non c’entrano quasi più niente con la profilassi contro il virus. Il loro legame con l’epidemiologia è a dir poco remoto.

Teatro della politica: il governo fa vedere che c’è, che decide e dispone, che pensa continuamente a come regolare le nostre vite… Tutto questo mentre rispedisce al lavoro quattro milioni in più di persone, senza controlli sulla loro sicurezza.

A noi sembra del tutto evidente il carattere diversivo di quest’accanirsi sui comportamenti quotidiani. Obbligando le persone ad arrovellarsi su cosa possano o non possano fare, si distoglie l’attenzione dalle responsabilità di Confindustria e del governo.

Nel nostro articolo dell’1 maggio abbiamo parlato di «scambio spettacolare» e di «grande sostituzione»: la rivendicazione di poter «stare a casa» dal lavoro per non assembrarsi e contagiarsi è stata sostituita dall’obbligo generalizzato a «stare in casa» e dalla conseguente criminalizzazione di condotte innocue, e intanto il 51% dei lavoratori dipendenti continuava ad andare in fabbrica o in ufficio, e a contagiarsi, e i peggiori focolai erano nelle RSA e case di riposo.

Spettacolo sociale: la finta distinzione tra «attività motoria» e «passeggiata» rientra nella connotazione “penitenziale” e di contrizione – non solo costrizione: contrizione – che fin dall’inizio si è voluta dare allo #stareincasa, alla quotidianità e all’umore generale degli italiani e delle italiane. Bisogna far vedere che si soffre, e che si fa il proprio dovere, intruppati. Rilassarsi per un momento, curare la propria forma psicofisica, coltivare relazioni… Sono tutte cose associate al piacere, non vanno bene.

Dunque, la differenza tra «passeggiata» e «attività motoria» è una mera questione di atteggiamento e, ancora una volta, di discrezionalità delle forze dell’ordine: se dài a vedere che sei fuori per “cazzeggio” (vergogna!) fornisci l’appiglio per sanzionarti; se invece vedono che sei fuori per uno scopo “definito” va bene.

È questione di come ti vesti, dell’aria che hai ecc. Le mani in tasca, ad esempio, non vanno bene. Se hai con te una borsa, va bene. Se sei vestito “tecnico”, ok. Se invece hai una camicia frivola e un fare svagato, allora non hai rispetto per le traversie che la Nazione sta passando, e la tua non è «attività motoria» ma «passeggiata», e ti stango.

Anche la questione dei «congiunti» e «affetti stabili» rientra in questo: non puoi vederti con gli amici perché sarebbe qualcosa di piacevole, gratuito, fine a se stesso. Sarebbe vita. Invece la visita ai parenti ha sempre un che di “dovere”, di incombenza, di commissione da fare. Quantomeno nella mentalità familista italica.

Fase 2 appello

Hai il diritto di lamentarti, no? E allora di che ti lamenti?

Questa situazione sta generando sempre più rabbia e una crescente disobbedienza. E chi sta cercando di approfittarne? Le destre, che hanno praterie a disposizione, dato che la “sinistra” in quasi tutte le sue varianti ha difeso – o evitato di criticare, o criticato pochissimo – il governo Conte, lo «scambio spettacolare» di cui sopra, la repressione ecc.

Se dalle “sinistre” istituzionali non ci si poteva aspettare altro, nel caso di alcune aree “di movimento” il problema è stato un certo approccio virocentrico, incapace di allargare il focus dall’epidemia in sé alla gestione complessiva dell’emergenza-epidemia da parte dei poteri costituiti e del capitale.

Dopo una fase iniziale in cui le critiche “da sinistra” alla gestione dell’emergenza erano rare, per fortuna di voci se ne sono udite sempre di più. Raramente, però, sono filtrate nell’informazione mainstream: nel mainstream ogni critica al governo è associata a Salvini e Meloni, a neofascisti e “forconi” vari.

Si alimenta così un circolo vizioso, con la “sinistra” che appare sempre più governista, sempre più legata allo status quo, sempre più distante dal malessere diffuso, dal malcontento popolare.

Ai nostri occhi, l’esempio più clamoroso è un appello diffuso pochi giorni fa, firmato da decine di intellettuali di una certa nomea – c’era mezza «Italian Theory», a proposito di  misère de la philosophie – contro presunti «agguati» al governo Conte. Un appello che definiremmo «confessionale»: si elencavano vari “peccati” del governo… per infine assolverlo. In particolare ci ha colpito questo passaggio:

Non c’è dubbio […] che siano stati limitati alcuni diritti fondamentali come quello alla libertà di movimento (limitazioni peraltro previste dall’art. 16 della Costituzione), e sia stato limitato il pieno esercizio del diritto al lavoro, all’istruzione, alla giustizia nei tribunali.
Ma niente ha intaccato la libertà di parola e di pensiero degli italiani e comunque il Governo non è parso abusare degli strumenti emergenziali previsti dalla Costituzione.

Ci hanno almeno lasciato la libertà di parola, quindi tutto ok.

Questi estensori e firmatari non possono non avere contezza degli arbitrii delle forze dell’ordine (sui quali raccogliamo testimonianze da due mesi), delle migliaia e migliaia di sanzioni durissime con motivazioni assurde, delle manganellate (come a Milano il 25 aprile), degli arresti (come a Torino il 19 aprile), degli attacchi a commemorazioni pubbliche (come a Trieste l’1 maggio), della criminalizzazione di condotte innocue, delle denunce per aver celebrato la Liberazione…

Questa situazione, almeno a grandi linee, dovrebbero conoscerla, dato che in un altro passaggio dell’appello polemizzano implicitamente con i giuristi che hanno definito incostituzionali – nel merito e nel metodo – molti dei divieti e provvedimenti adottati. Dunque fingono di ignorarla. E stupisce leggere in calce a righe del genere la firma di Luigi Ferrajoli, uno dei più grandi giuristi italiani, che ha scritto instancabilmente contro le perversioni del diritto durante le emergenze, partendo dalla critica alle leggi speciali della seconda metà degli anni Settanta. La sua adesione è inspiegabile.

Ma soprattutto: non è possibile criticare in modo sensato ed efficace Confindustria, non è possibile denunciare in modo coerente lo smantellamento pluridecennale della sanità, il mancato lockdown inziale in val Seriana, il fatto che molte aziende siano rimaste aperte, senza criticare lo spettacolo di copertura dello #stareincasa. Grazie a quello spettacolo, l’informazione mainstream e la classe dirigente hanno sviato l’attenzione su autentiche scemenze, messo milioni di persone agli arresti domiciliari e additato, come sempre, un capro espiatorio individuale, singolo, per un problema sociale, politico, collettivo.

Le due questioni sono la stessa questione. Più tardi lo si capirà, peggio sarà.

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