Il modello di trasporti può dirsi sostenibile quando risponde efficacemente alle esigenze dei cittadini, riduce il traffico, migliora la qualità dell’aria, taglia i consumi energetici, riduce il consumo di suolo e di sottosuolo.

Il sistema di trasporto pubblico in Italia è invece caratterizzato da gravi inefficienze, dall’insufficienza di offerta di sistemi di mobilità sostenibile (trasporti su rotaie, piste ciclabili, sistemi di car sharing etc.) e dal condizionamento prodotto dalla netta prevalenza che le politiche della mobilità, delle infrastrutture e urbanistiche hanno accordato ai di sistemi di trasporto su gomma, con preminenza dei veicoli privati anche per gli spostamenti quotidiani.

Altrove, la direzione verso la mobilità sostenibile ha preso da tempo in considerazione la via della multimodalità: integrare modelli di trasporto diversi e a basso impatto, una direzione ancora molto lontana dal modello diffuso nel nostro paese.

​Nel mondo si stanno sperimentando o addirittura realizzando interessanti esperienze di trasporto pubblico gratuito, aumentando l’efficienza e ostacolando la mobilità privata energivora e inquinante. Il miglioramento ambientale, della salute, dello stress da traffico, della manutenzione delle strade, dell’implementazione del verde, ecc. stanno dimostrando che questo tipo di mobilità è non solo apprezzata dai cittadini ma anche economicamente conveniente.

Per promuovere un modello di trasporti realmente sostenibile occorrerebbe anzitutto:

  • un programma immediato di investimenti straordinari per rafforzare le reti di trasporto pubblico, con preferenza per i veicoli elettrici e su rotaia in riferimento sia alle reti urbane sia alle reti extraurbane per gli spostamenti pendolari, contribuendo così a ridurre smog, rumore, ingorghi e ritardi, degrado territoriale;
  • Investire, dal punto di vista della politica industriale, sull’ampliamento del parco autobus elettrico e della disponibilità di vetture ferroviarie e tramviarie;
  • Implementare una vasta rete per la ciclabilità urbana ed extraurbana, come risposta alle esigenze di trasporto urbano e alla domanda di turismo “dolce”;
  • Istituire aree verdi e isole pedonali, asservire la segnaletica alla priorità del trasporto pubblico, riservare ad esso intere strade, immettere dissuasori efficaci per ridurre e per disincentivare l’uso di vetture private nei centri urbani;
  • Investire nella multimodalità, prevedendo l’integrazione e l’interconnessione tra diversi sistemi di mobilità sostenibile, e tra i sistemi urbani e metropolitani del trasporto pubblico;
  • promuovere sistemi di uso condiviso, come bike sharing e car sharing elettrico.
  • Spostare il traffico merci su ferro ed evitare la costruzione di nuove strade a larga percorrenza e, in generale le cosiddette grandi opere infrastrutturali;
  • Ridurre la mortalità da smog con sistemi di monitoraggio della qualità dell’aria nelle zone con sorgenti significative (autostrade/tangenziali). Particolare attenzione agli inquinanti non rivelati come le particelle ultrafini (0.1µm) e, come indicato dal Parlamento Europeo, riducendo del 65% le emissioni di ossidi di N e di particolato sottile (<2.5µ) su tutti i territori e del 50% nelle aree ad alto inquinamento, del 75% (NO2) e del 60% (particolato);
  • Organizzare il servizio taxi come effettiva componente del servizio pubblico, sull’esempio del taxi plus finlandese o l’efficiente sistema informale di trasporto collettivo di persone e beni presente in molti paesi asiatici, africani e latinoamericani;
  • Programmare i sistemi di trasporto in stretta connessione con le politiche urbanistiche e territoriali.

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