La guerra in Ucraina è già un conflitto mondiale contro l’ambiente e la giustizia sociale.

 Di Danilo Gullotto

È ormai trascorso più di un anno dall’inizio del conflitto armato tra Russia e Ucraina, e la prospettiva di una pacificazione tra le parti in contesa appare delinearsi in un orizzonte temporale sempre più lontano, a causa dei venti che soffiano sul fuoco di una sempre più sostenuta escalation di azioni militari e anti diplomatiche. Come se non bastasse, sebbene il tema non abbia catturato la necessaria attenzione, sulla scena del conflitto è anche apparso un temibile serpente che, strisciando, si nasconde tra le pieghe della devastazione in atto: si tratta dell’impatto che la guerra sta avendo sulla salute del nostro ecosistema, non solo all’interno del territorio Ucraino. Per quanto sembrino perentorie le posizioni prese dai Paesi del blocco NATO circa il non voler dare adito a considerare questo scontro armato come una vera e propria guerra mondiale, i danni finora provocati, oltre che cagionare un costo intollerabile in termini di vite umane per entrambe le parti coinvolte, nonché arrecare un’estesa devastazione sul versante delle infrastrutture e dell’assetto socio-economico dell’Ucraina, rappresentano una pericolosissima minaccia per il già fragile equilibrio ambientale globale. È una minaccia che rimane nascosta dietro il silenzio dei responsabili di questo conflitto, i quali non sembrano voler rispondere dinanzi all’opinione pubblica mondiale delle ripercussioni che questa prova di forza sta provocando sulla salute del nostro pianeta e dei popoli che lo abitano. A riprova di quanto affermato, diversi studiosi si sono già occupati di tracciare un bilancio, se pur ancora incerto e provvisorio, dei costi che l’ecosistema e la biodiversità stanno pagando e continueranno a pagare, anche nelle aree del pianeta non direttamente interessate al conflitto armato, man mano che questa sciagurata spirale di violenza e di distruzione si avvita su sé stessa. Infatti, al netto dei danni ambientali ormai irrimediabilmente provocati in Ucraina a causa del conflitto, e che riguardano l’inquinamento di suolo e acqua, il bombardamento dei siti industriali, la distruzione delle riserve naturali e la decimazione di flora e fauna indigene, si aggiungono anche oneri che travalicano i confini nazionali, rivendicando un costo ambientale e sociale anche per i Paesi che non hanno interessi da spartire con chi sta alimentando questa guerra.

 Tanto per cominciare, la guerra in Ucraina sta provocando un sensibile aumento dell’inquinamento dovuto all’emissione di gas serra nell’atmosfera, includendo anche le conseguenze dei danni deliberatamente causati alle condutture di gas Nord Stream 1 and 2 e rendendo ancora meno raggiungibile l’obbiettivo del contenimento della temperatura globale entro il valore di 1,5 ºC tramite il raggiungimento della neutralità climatica, secondo quanto sancito dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Risulta quindi chiaro che gli effetti di queste emissioni finiranno per gravare indistintamente su tutte le popolazioni del pianeta, senza riguardo dei confini tracciati sulle carte geografiche. Sebbene a causa della limitata disponibilità di dati risulti attualmente difficile fornire stime esatte sul consumo di carburante di origine fossile in Ucraina a seguito della guerra, un recente rapporto fornito dalla “Initiative on GHG accounting of war”[1] fornisce un bilancio preliminare per il solo anno 2022, basato sull’impatto provocato da almeno 5 fonti critiche di emissione di gas serra, rappresentate da: 1) migrazioni intra- ed extra-territoriali di rifugiati di guerra; 2) consumo di carburanti fossili dei mezzi militari per azioni belliche; 3) incendi per cause belliche; 4) ricostruzione delle infrastrutture civili; 5) fughe di metano dai condotti Nord Stream 1 e 2.

 

La seguente tabella fornisce una stima delle emissioni di CO2, espressa in milioni di tonnellate, per ciascuna delle voci sopra elencate, da cui non solo si evince che il maggior costo sarà dato dalla ricostruzione delle infrastrutture civili, ma anche che, nel complesso, questa guerra spinge l’Ucraina verso emissioni drammaticamente superiori a quelle registrate in tempo di pace:

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SETTORE                                                                            Emissioni tCO2         Emissioni(%)

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Movimento di rifugiati                                                                       1.397                           1,4

Rappresaglie belliche                                                                         8.855                           9,1

Incendi                                                                                              23.764                        24,4

Ricostruzione infrastrutture civili                                                     48.670                        50,0

Perdite Nord Stream 1 e 2                                                                 14,600                        15,0

TOTALE                                                                                              97,286                   100,0

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Pertanto, sembra quasi scontato dover asserire che gli impatti a lungo termine di queste emissioni provocheranno ulteriori avversità sull’equilibrio climatico e rallenteranno ulteriormente i già insicuri interventi adottati da diversi Paesi per contenere l’innalzamento delle temperature nel nostro pianeta.

Come è facile immaginare, un fattore addizionale che potrebbe provocare disastri su scala globale è quello relativo ai potenziali danni nelle centrali nucleari presenti sul territorio Ucraino. L’Ucraina è il secondo maggior produttore di energia nucleare al mondo e quasi il 50% dell’energia fornita sul suo territorio deriva dalle centrali nucleari. Tanto queste centrali, quanto i siti di stoccaggio dei rifiuti radioattivi ad esse collegati, risultano particolarmente vulnerabili ad attacchi diretti, senza tenere conto di potenziali disastri provocabili dal personale che se ne prende carico per effetto di errori operativi, cali temporanei di energia e problemi di collegamento. Infatti, con un’assenza temporanea di energia elettrica, il sistema di raffreddamento dell’acqua dei reattori nucleari può andare in avaria, causando la fusione del nocciolo, come già accaduto a Fukushima, mentre gli operatori che lavorano sotto una continua condizione di stress all’interno delle centrali sono più proni a commettere errori, come anche enfatizzato da Rafael Grossi, sesto Direttore Generale dell’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica [2]. Come se non bastasse, già a partire dalla data di inizio della guerra, il sollevamento di polvere radioattiva da parte dei mezzi militari in transito nella regione di Chernobyl ha portato a rilevare picchi di radiazioni gamma 28 volte più alti del normale [3, 4], e ciò non può che destare preoccupazione, se si considera che la quantità di materiale nucleare nel sito di Zaporizhzhia è equivalente a quello di 20 Chernobyl. Chi ha vissuto negli anni ’80 non potrà dimenticare il dramma e la paura che l’Europa dovette subire a seguito del disastro provocato nella ormai tristemente nota centrale nucleare dell’ex Unione Sovietica.

Un’ulteriore minaccia che può estendersi anche oltre i confini dell’Ucraina è data dal rilascio di particelle nocive a seguito dell’esplosione di ordigni bellici. Infatti, diversi elementi inquinanti, tra cui metalli pesanti, formaldeidi, monossido di azoto, acido cianidrico e composti organici tossici possono venire liberati dalle esplosioni e venire trasportati dai venti, oppure finire nelle sorgenti d’acqua sotterranee, potendo avere un impatto tanto sulla Russia quanto sull’Europa. Inoltre, alcuni composti volatili potrebbero venire rilasciati sotto forma di piogge acide, finendo così per bruciare interi raccolti o provocare seri danni all’apparato respiratorio dei mammiferi, incluso l’uomo [5]. Nondimeno, elementi come l’uranio impoverito o altre specie chimiche nocive generate dalle esplosioni potrebbero venire assorbiti dalle graminacee delle piantagioni Ucraine e finire dunque sulle nostre tavole: non a caso l’Ucraina è definita a torto o a ragione “il granaio d’Europa”. Per contro, eventuali blocchi all’esportazione di graminacee e altre specie commestibili dall’Ucraina per effetto di ritorsioni anti diplomatiche potrebbe provocare carestie e migrazioni per molte popolazioni sparse per il pianeta, oltre che far lievitare ulteriormente i prezzi dei generi alimentari di prima necessità e provocare pertanto disagi anche alle classi medio-basse dei Paesi più ricchi.

Un ulteriore problematica di cui si è poco parlato è quella relativa ai carburanti tossici contenuti nei missili da crociera che per loro malfunzionamenti vengono lanciati fuori dai confini dell’Ucraina. Come riportato dalla giornalista Russa Yulia Latynina, il carburante di alcuni di questi missili lanciati dai bombardieri russi Tu-95 e Tu-160 ha causato una moria di massa delle foche che vivono in prossimità del mar Caspio, come conseguenza del fatto che, a causa dell’età avanzata di questi ordigni, e onde prevenire cadute accidentali sul suolo terrestre, risulta più conveniente effettuare lanci sull’acqua [6]. Una simile pratica ha cagionato nell’estate del 2022 il ritrovamento di 837 carcasse di foche sulla costa del Kazakistan [6].

Un altro espetto che non bisogna certamente trascurare è quello legato all’impatto indiretto che la guerra ha nei confronti dell’ambiente come conseguenza delle sanzioni. Ad esempio, diversi progetti ambientali concordati con la Russia sono stati interrotti [7], così come anche gli studi scientifici sui cambiamenti climatici nell’Artico [8]. Inoltre, nel 2021 Europa e Turchia hanno beneficiato degli aerei russi per domare gli incendi boschivi divampati come conseguenza delle temperature record registrate negli ultimi anni: difficilmente, alla luce delle attuali sanzioni, la Russia potrà concedere la propria flotta antincendio anche quest’anno, potendo portare a conseguenze disastrose [9]. Nel frattempo, si registra ancora più scetticismo sulla possibilità che gli obbiettivi sanciti dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici possano venire raggiunti, dato che la tendenza di molti Paesi nel costruire nuove catene di approvvigionamento che serviranno a colmare i vuoti delle mancate forniture Russe potrebbe spingere il pianeta verso un riscaldamento irreversibile [10]. Inoltre, la stessa Russia ha deciso rivedere le sue leggi a tutela dell’ambiente, riconsentendo la costruzione di infrastrutture nelle riserve naturali, rilassando le norme sulle emissioni di gas serra, nonché sulla valutazione dell’impatto ambientale delle industrie, e autorizzando le case automobilistiche a produrre motori che non rispettano gli standard ecologici europei. Queste conseguenze indirette della guerra potrebbero portare, nel lungo periodo, a causare più morti della guerra stessa, nonché esacerbare l’ingiustizia sociale a carico di diverse popolazioni per effetto di profughi in fuga dalla guerra, impoverimento delle aree contese, aumento della disoccupazione, della malnutrizione e dei tassi di mortalità, nonché collasso delle istituzioni e dei servizi ad essi afferenti, come sicurezza, istruzione e sanità [4].

In conclusione, gli effetti della guerra in Ucraina iniziano a farsi sentire in tutto il mondo, peggiorando sensibilmente le prospettive sulla risoluzione dei problemi climatici e ripercuotendosi anche sugli aspetti legati al benessere sociale dei popoli non direttamente interessati al conflitto. In un secolo come quello che stiamo vivendo non c’è tempo per pensare alla guerra. Al cospetto delle gravi minacce con cui dobbiamo confrontarci, i leader del pianeta dovrebbero più ragionevolmente tendersi la mano gli uni con gli altri, perché le sfide che ci attendono richiedono un’unità che travalichi i confini nazionali. Se chi si trova nella sala dei bottoni non è disposto a comprendere questo, allora è come se, in un certo senso, avesse dichiarato guerra indistintamente a tutti, poiché, nel sostenere le presunte ragioni dello scontro, è in gioco il destino dell’intera umanità.

 

Bibliografia

 

[1] https://climatefocus.com/wp-content/uploads/2022/11/ClimateDamageinUkraine.pdf

[2] https://www.nature.com/articles/d41586-022-00660-z

[3] https://www.reuters.com/world/europe/ukraine-nuclear-agency-reports-higher-chernobyl-radiation-levels-due-heavy-2022-02-25/

[4] https://youth.europa.eu/year-of-youth/young-journalists/ukraine-and-others-environmental-impacts-of-war_en

[5] https://www.yournec.org/nature-and-war-how-russian-invasion-destroys-ukrainian-wildlife/

[6] https://www.turan.az/ext/news/2022/12/free/Social/en/12441.htm

[7] https://www.nature.com/articles/d41586-022-01960-0

[8] https://www.nature.com/articles/d41586-022-01868-9

[9] https://www.npr.org/2022/07/01/1106327585/russia-invasion-ukraine-environment-impacts

[10] https://www.bbc.com/news/science-environment-61723252

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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